La bellezza delle lingue, ecco 10 parole che non si possono tradurre

Ogni lingua custodisce una visione del mondo. Le parole non sono soltanto strumenti di comunicazione, ma frammenti di storia, cultura e sensibilità collettiva. L’importanza della diversità linguistica va celebrata e ricordata, e in particolare in questo articolo vogliamo soffermarci su un aspetto affascinante di tale diversità: le parole intraducibili.

Si tratta di termini che non hanno un corrispettivo diretto in altre lingue, perché racchiudono esperienze e sentimenti legati al contesto in cui sono nati. Sono piccole finestre su mondi diversi, che ci permettono di scoprire modi inaspettati di pensare e di vivere.

Ecco 10 esempi tra i più evocativi:

Serendipity (inglese): la casualità di scoprire qualcosa di bello e inaspettato senza averlo cercato appositamente.

Saudade (portoghese): un sentimento di nostalgia profonda, dolce e dolorosa insieme, per qualcosa di lontano, perduto o mai esistito.

Wabi-sabi (giapponese): una visione del mondo che celebra la bellezza che risiede nell’imperfezione e nella transitorietà delle cose.

Hygge (danese): il calore di un’atmosfera accogliente, intima, di benessere e comfort, che nasce dallo stare insieme in semplicità con persone care.

Yuanfen (cinese): una forza misteriosa che unisce le persone, una sorta di destino che porta a incontrarsi e a stabilire connessioni per uno scopo specifico, che sia per amore, amicizia o affari.

Ubuntu (zulu): “io sono perché noi siamo”, un principio che sottolinea l’interdipendenza tra le persone, che si basa sul rispetto reciproco e sulla consapevolezza che la propria identità si forma attraverso le relazioni con gli altri.

Fernweh (tedesco): la nostalgia di luoghi mai visti, il forte desiderio di partire verso l’altrove e di evadere dalla routine quotidiana.

Mamihlapinatapai (yaghan, lingua della Terra del Fuoco): lo sguardo condiviso tra due persone che desiderano la stessa cosa, senza che nessuna osi fare il primo passo.

Komorebi (giapponese): la luce del sole che filtra attraverso le foglie degli alberi, creando giochi di ombre e infondendo un senso di serenità, di fugacità e di contatto con la natura.

Tingo (rapanui, lingua dell’Isola di Pasqua): il desiderio di prendere in prestito, e poi accumulare, gli oggetti degli amici fino a farli diventare propri.

Queste parole ci insegnano che ogni lingua è unica non solo per il suono, ma anche per le emozioni e i concetti che riesce a esprimere. Coltivarne la diversità significa arricchire la nostra capacità di comprendere il mondo e gli altri.

SelkInk

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