Cosa vuol dire “tradurre”?
Secondo i dizionari della lingua italiana, il significato di questo verbo è “trasferire un testo, una parola, una frase in una lingua diversa dall’originale”, ma più in generale anche trasformare qualcosa da una forma a un’altra.
Per il traduttore, la persona incaricata o che decide di intraprendere un lavoro di traduzione, questo cosa comporta? Per semplificare, si potrebbe fare un paragone con l’autore di un determinato testo.
L’autore è colui che quel testo lo crea, lo produce, lo immagina e lo mette nero su bianco dandogli una forma, un sentimento, un suo senso personale. Esprime ciò che sente e vuole comunicare. Il traduttore è colui che quel testo lo deve interpretare, deve cioè entrare nella mente dell’autore, conoscere il più possibile la sua vita, il suo stile, il suo sentimento. Deve quindi mettersi nei panni di un’altra persona che ha scritto un testo, coglierne le sfumature, conoscere il contesto che circonda l’opera e l’autore stesso e produrre un nuovo testo, cercando il più possibile di avvicinarsi all’originale, ma con la fondamentale differenza che deve adeguarlo al lettore finale e alla sua rispettiva cultura. In tal senso, il ruolo del traduttore è forse più complesso di quello dell’autore.
Il buon povero traduttore che si incammina sul percorso della traduzione, in particolare di quella letteraria, è consapevole che qualcosa andrà “perso” inevitabilmente. È cosciente del fatto che non potrà riprodurre un testo identico all’originale e che dovrà sacrificare qualche aspetto, compiere delle scelte nei diversi passaggi della traduzione. Non serve illudersi di riuscire a produrre un testo uguale, è più proficuo impegnarsi e portare a termine un buon lavoro, sforzandosi di generare sul lettore finale un effetto perlomeno simile o più vicino possibile all’originale.
Si parla spesso di forma e contenuto, c’è chi predilige l’una e chi l’altro. Un testo che rispetta la forma del testo originale sarà più simile “in apparenza”, ma avrà lo stesso contenuto e lo stesso effetto sul lettore della lingua di arrivo? È poco probabile. Un bravo traduttore deve essere capace a volte di sacrificare la forma, ai fini della scorrevolezza del testo e dell’effetto che si vuole produrre sul destinatario. Deve essere quindi in grado di staccarsi un po’ dalla forma originale e scrivere un nuovo testo che si adatti maggiormente alla cultura di arrivo. Attenzione, non deve però neanche esagerare nel senso opposto. Se si dà solo priorità al contenuto senza badare allo stile dell’autore, verrà fuori un testo che tradisce del tutto l’originale e questo non va bene. In sostanza, se si traduce un romanzo di Sophie Kinsella e uno di James Joyce allo stesso modo, c’è qualcosa che non va.
La bravura di un traduttore sta nel bilanciare forma e contenuto, per rispettare il più possibile l’intento e lo stile narrativo dell’autore originale, per trasmettere quindi ciò che lui voleva trasmettere.
©Daniela B.