Nella cultura celtica, il Natale affonda le sue radici nelle tradizioni pagane degli antichi Druidi. Una caratteristica delle festività celtiche è la profonda connessione con la natura e la madre terra e quindi anche con le fasi lunari e solari. Durante il solstizio d’inverno, giorno più breve e più buio dell’anno, i Celti celebravano la rinascita del sole, il ritorno della luce che illuminava il buio invernale. I festeggiamenti avevano luogo tra il 19 e il 23 dicembre, il giorno del solstizio cadeva il 21 e la festa era chiamata Alban Arthuan, letteralmente “La luce di Artù”, perché era credenza comune che Re Artù fosse nato proprio nel giorno del solstizio d’inverno. Ma la festa era chiamata anche Yule, derivante dal termine inglese Yula o “Ruota dell’anno”, in riferimento al ciclo della vita.
Yule, quindi, celebrava il solstizio d’inverno e simboleggiava il passaggio dal buio alla luce. Dopo quella notte, infatti, le giornate iniziano pian piano ad allungarsi e la natura si avvia verso un lento risveglio. In Scozia, la festa di Yule andava avanti per 12 giorni. Nel tempo, però, le tradizioni legate all’evento hanno subito influenze dai territori vicini, diversificandosi così a livello locale.
USANZE DI IERI E DI OGGI
Bruciare il ceppo. Anticamente, si faceva bruciare un ceppo di quercia per onorare la dea madre. Veniva acceso alla viglia del solstizio e lasciato ardere per 12 ore in segno di buon auspicio. Veniva poi spento e riacceso il giorno successivo per 12 giorni. Le sue ceneri servivano per proteggere dagli eventi negativi.
Il vischio. Pianta considerata sacra per i Druidi perché simbolo della vita, è spesso accostata alla quercia, simbolo di eternità. I Celti usavano il vischio in molte pozioni e infusi e ha dato vita a curiose leggende, come quella della morte di Balder, dio della luce e figlio di Odino.
L’albero. L’usanza di portare un albero in casa e addobbarlo era molto diffusa nel mondo celtico, sia in Scozia che in Irlanda. Associato alla natura e agli spiriti del bosco, come fate e folletti, i suoi rami facevano anche da protezione contro gli spiriti dispettosi.
Il ramo dei desideri. Un’altra usanza è appendere un ramo nell’ingresso di casa nove giorni prima del solstizio, decorato con nastrini rossi; ogni persona che entra in casa scrive un desiderio su una delle strisce rosse, la ripiega e la appende al ramo, che sarà bruciato insieme al ceppo il 21 dicembre.

L’agrifoglio. La ghirlanda di agrifoglio con le bacche rosse simboleggia la ruota dell’anno. Dopo Natale, in Irlanda ancora si spezza e si getta fuori casa come gesto rituale della fine del buio e dell’inizio della luce. I giovani scozzesi, durante la festa di Yule, usavano pungersi i pollici con le punte taglienti dell’agrifoglio e si pensava che ogni goccia di sangue indicasse un anno di vita.
Gli ometti di marzapane. Appesi all’albero, rappresentavano gli impiccati del periodo che chiedevano aiuto al dio della vittoria Wodan.
Christmas crackers. Sembrano delle grosse caramelle, ma non si mangiano, anche se si usa metterli a tavola. Si tirano alle estremità e aprendosi scoppiettano, per il bastoncino di carta che vi si trova all’interno.
Biglietti di auguri. Altra usanza del mondo celtico è scambiarsi biglietti con un commento sull’anno trascorso e un buon auspicio per l’anno entrante. Sembra che l’idea sia nata proprio a Edimburgo.
Christmas Jumper Day. In Scozia si è diffusa l’usanza divertente di andare al lavoro in un giorno di dicembre indossando qualcosa di imbarazzante a tema natalizio, per ricevere le beffe di amici o colleghi.
Il primo passo. Il first footing era una tradizione natalizia scozzese, in seguito associata di più al Capodanno. La prima persona che visitava la casa nel nuovo anno doveva portare con sé un dono.
Le candele. Uno dei doni che si portava in casa per il first footing era il black bannock, insieme al whisky e alla torba, il carbone. Il black bannock è un dolce di frutta compressa, su cui si pone una candela. Le candele venivano messe anche sulle finestre, un modo per dare il benvenuto ai visitatori notturni.
Nella stalla. Fra le tante usanze, è curiosa quella dei contadini, che a volte leggevano un capitolo della Bibbia al bestiame e ai cavalli per buon auspicio. La mattina di Yule, poi, li nutrivano con una colazione speciale.
PANE DI YULE E PUDDING
Fra le pietanze tipiche del periodo c’è il tradizionale pane di Yule, preparato con semi di cumino. Simile alla torta bannock, è una pagnotta rotonda che ha l’aspetto di una corda intrecciata e si consuma il giorno di Natale. Anticamente, in Scozia, se ne cuoceva uno per ogni membro della famiglia. Chi trovava un ciondolo fatto con i semi di cumino all’interno avrebbe avuto fortuna per tutto l’anno.

Un dolce della tradizione natalizia inglese, invece, è il Christimas pudding, che si ottiene amalgamando farina con uova, mandorle e altra frutta secca. Ne esiste una versione scozzese chiamata Clootie Dumpling per la modalità di preparazione: l’impasto è avvolto in un panno (cloot) infarinato e messo a bollire, poi asciugato e riposto in forno per una seconda cottura. Ma anche le tradizioni che accompagnano il metodo di preparazione, in realtà, possono cambiare da zona a zona.
ALTRE CURIOSITÀ
Nel 1560 la Scozia si distaccò dalla Chiesa cattolica e in questo clima di cambiamento caratterizzato da un forte sentimento anti-cattolico, nel 1580 John Knox, a capo del movimento presbiteriano, bandì la celebrazione del Natale. Erano previste addirittura sanzioni o incarcerazioni per chi tentasse comunque di festeggiarlo. Alla fine, nel 1640, il Parlamento scozzese abolì ufficialmente la festa di Yule. Questo divieto durò quasi 400 anni e solo nel 1958 venne ripristinato il Natale come giorno di festa.
Daniela B.